Parole, parole, p a r o l e...

 

Se solo leggesse lei....

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Questa sera, davanti un sedile vuoto.
Di fianco un vetro che mi restituisce
l’immagine di un mondo chiuso,
con lo stesso sedile vuoto e con il riflesso di
me che scrivo.
Questa sera la mia giacca, un po’ piegata,
un po’ poggiata così, a caso, quasi a voler occupare
per te quel posto.
Questa sera, di fronte ad un piccolo fallimento,
ricevo notizie di morte.
Lentamente, sullo sfondo, il mondo,
filtrato dalla mia immagine, si muove
mentre quel posto resta fermo, immobile,
vuoto.
Davanti a me trema quella giacca, ma resta ferma.

 

17 anni non sono tanti.
Il tempo del primo amore, forse non del primo bacio.
Qualche bigiata a scuola.
Qualche partitella con gli amici.
La macchina guidata di nascosto.
Il desiderio che arrivino presto i 18 anni,
si perché quel ‘17’ suona male, o forse solo
per potersi sentire libero.
Qualche volta sarà sceso nel garage
di papà, avrà aperto la portiera, si sarà
chinato, e, con un po’ di fatica,
si sarà accomodato su un mito.
Rossa, forse, l’avrà pure messa in moto,
quei cavalli ruggivano, quasi fossero leoni,
ma in gabbia.
La marcia in folle.
Sono ancora 17.
Era ad un soffio.
Bastava solo un respiro,
poi un altro, poi un altro ancora.
Eppure ha trattenuto il fiato,
ha pensato per un attimo di volare,
poi è sceso giù,
un dolore acuto, intenso,
ma breve.
I cavalli hanno taciuto.
Gli occhi di colei a cui ha sfiorato
le labbra, si sono chiusi.
Le luci del campo si sono spente.
- Silenzio -
- Erano 17, sfortuna maledetta.
È stato un respiro.
Chi gli regalerà ciò che non avrà mai? –
E a noi, chi restituirà
i giorni che qualcuno,
forse solo la codarda Paura,
ci ha tolto.
Penso a te in questa sera di morte.
Penso a chi ha fatto morire
il nostro stare insieme.
Non erano 17 anni come l’età
di quel ragazzo.
Ma avrebbero potuto diventarlo, raggiungere
i 18 e chissà quanti altri ancora.
Penso a te che questa notte hai visitato i miei sogni.
A te che spesso incontro,
negli occhi che quotidianamente incrocio.
Ripenso a te nonostante il tempo
abbia fatto di tutto per far sbiadire i ricordi, come
fa con le foto, ma senza riuscire a cancellarli.
Penso a quanto ci è stato tolto, strappato,
a quanti sorrisi,
quante lacrime,
quanti abbracci,
quanti litigi,
tempo che non tornerà
e che non ci è stato dato di trascorrere assieme.
Penso a te, immersa nel tuo lavoro, io nel mio,
ce la caviamo anche bene.
Ma non possiamo essere quel miracolo
che saremmo stati insieme.
Vorrei urlarti di raggiungermi,
vorrei correre a piedi nudi, io da te.
Vorrei passarti le mani tra i capelli,
e vederti qui davanti a me,
ad occupare quel posto vuoto.
Ho perso il conto dei miei vorrei.
Apro gli occhi e intorno trovo solo ciò che è.
Amore e morte, giorni vissuti,
e giorni che si intrecciano.

Morire per me è saperti lontana;
morire è non percepire il tuo respiro
che da ritmo al mio,
morti sono quei giorni passati,
lontani nel tempo,
vicini nella memoria.

Quel posto resterà vuoto
e ti aspetta, fai in fretta.
Non so quando arriverà la mia fermata.
Parlo proprio a te.
Se leggerai, capirai,

 

 

 

11 novembre 2008

 

In questo brano prendo spunto da un tragico evento, la morte di un ragazzo di soli 17 anni, per una riflessione su quanto, a volte, nella vita, inconsapevoli di quanto ci sia dato da vivere, rinunciamo a vivere l'amore per paura, per rabbia, per orgoglio.

se leggerai, si parlo proprio a te, se leggerai, capirai che si parla di te, che non hai mai lasciato i miei pensieri.